ÃÓãÇÁ ÛÑíÈ
06/12/2006, 03:44 PM
http://www.rosacremona.it/fotografie_file/bicchieri_%20dipinti_a_mano.JPG
Bicchieri
Mohammed Ferri
Marocco
Entrò velocemente nella taverna come se stesse evitando un ignoto persecutore che appesantiva la sua schiena, si diresse come una macchina programmata verso il cameriere, si buttò sul bordo del bancone, appoggiò il suo braccio e chiese un bicchiere di vino rosso rubino. Era l’inizio di qualcosa di cui lui conosceva bene la fine.
Quello era…
Il primo bicchiere,
Versò il suo contenuto nel suo ventre, tutto in un solo sorso, questo tipo scarso di vino non bisogna gustarlo, la delizia sta nel suo effetto e non nel suo ottimo gusto. Ma a lui non importava molto del gusto, altrimenti sarebbe andato a sedersi ad un caffè dove avrebbe potuto godersi di un bicchiere di succo di frutta dolce. Avvertì che il suo stomaco colse il liquido senza grande festa. Non si curò del fatto, come non si curò dei clienti che bevevano lì intorno a lui. Il suo umore non era disponibile a conversare con nessuno. Aveva “abbagliato” per tutta la settimana a lavoro, ed era giunto il momento di godere di un po’ di silenzio, di poter ascoltare il tintinnare del bicchiere, cioè il tintinnare astratto e profondo e non quello concreto del vetro stesso. Toccò la sua tasca, contò che vi erano, si sentì più sicuro quando capì che la somma era sufficiente per allungare la serata, tossicchiò prima di chiamare il cameriere…
Ed era…
Il secondo bicchiere,
lo contemplò a lungo, lo fissò, poi lo prese tra la sua mano, sentì la sua morbidezza; gli sembrava di toccare un corpo vellutato e giovane, un leggero formicoliò cominciò a passare tra le sue profondità, attraverso le sue dita, quindi si mosse dentro di sé ciò che era addormentato, portò il bicchiere verso la bocca, ne trangugiò la metà e rimise il bicchiere al suo posto, fissando il contenuto rosso. Si ricordò della sua angoscia, un sentimento radicato dentro di sé senza capirne il motivo. La gente è sempre in lotta e ognuno vuole fare lo sgambetto all’altro. Invidia accumulata, tutti che cercano solo il proprio interesse, l’io è contro l’io dell’altro, un combattimento umano dove si perde colui che non ha un remo; lui il remo non l’aveva e non voleva averne. Oggi vino, domani vino, bisogna godere solo l’ora in cui vive, un altro bicchiere oh taverniere! …e arrivò …
Il terzo bicchiere,
le sue dita si muovevano verso di esso, si girò verso il garzone dell’osteria come se si fosse ricordato di qualcosa:
- Un po’ di antipasti per favore.
Arrivò il piattino di ceci bolliti, lo mangiò con avidità, si susseguirono i bocconcini, che non venivano separati se non dei gustosi sorsetti di vino. Pose il bicchiere e indugiò con gli occhi su coloro che erano seduti intorno a lui, i suoi occhi curiosarono tra gli esseri affollati nella taverna, e infine s’incollarono su una gigante “groppa” di una donna mercenaria in cerca di denaro in quel posto, il suo rotondo sedere infiammò tutta la sua privazione e il suo desiderio, si ricordò dell’ultima volta in cui il suo corpo si era unito ad un corpo femminile, non riusciva a precisare il momento, data la lontananza del periodo che testimoniava l’ultima rissa del suo corpo con uno femminile, cominciò a pensare di mercanteggiare il corpo di quella cliente, ma si fermò perché si ricordò della somma che aveva in tasca, quindi rinunciò all’iniziativa a malincuore mentre sussurrava:
“figlie di pu…che schifo, ti sorridono in faccia e poi ti svuotano la tasca.”
La sua irritazione non aveva potuto spegnere il suo desiderio, quindi lo bloccò togliendo lo sguardo da quel rotondo sedere, chiamò un altro bicchiere che il taverniere portò subito e quindi era…
Il quarto bicchiere,
l’accolse con festa, come se fosse stata una donna facile e persa che non vedeva da molto tempo. Fece un sorriso, scoprendo così denti gialli non spazzolati da tempo, buttò nello stomaco ciò che era rimasto dei ceci, avvertì ancora fame, e quindi guardò il garzone con uno sguardo che lasciava intendere il bisogno di un altro piatto. Il garzone lo ignorò dirigendosi verso i clienti dai quali trovava più guadagno, cioè quelli che ordinavano whisky. Trattenne il suo furore, guardò i clienti con molta curiosità, li fissò uno per uno, spinto da una sfacciataggine che non sapeva da dove venisse. Vi erano dei volti che lui era abituato a vedere, c’era anche quel magro ed elegante giovane nel fondo del bancone che appoggiava la testa sulla mano, i suoi occhi erano nascosti sotto larghi occhiali scuri, nonostante il buio che c’era nel posto, davanti a lui c’erano bottiglie di Heineken che ingombravano il bancone, tanto che la loro quantità attirò sempre più l’attenzione del barman. Accanto al giovane c’era una cliente le cui rotondità rivelavano una femminilità provocante, s’incollò a lui con spudoratezza scostumata, la circondò con il suo braccio, mentre la sua mano toccava l’ondulato corpo di lei, arrivò alla vita e quando scivolò verso il sedere lo afferrò con forza. Inghiottì la saliva, si sentiva assalito da un desiderio sessuale, provocato da ciò che vedeva davanti ai suoi occhi, si sentiva sempre più soffocato e accollato dalla testa sino ai piedi, gridò al taverniere inconsciamente…
il quinto bicchiere,
arrivò il bicchiere, lo assalì come un toro arrabbiato, lo versa dentro lo stomaco in un modo rumoroso, si trattava di un ribollire che lui cercava di spegnere con quell’infernale liquido, ma il fuoco dentro di lui si accendeva sempre di più, gli occhi diventarono, si sentiva assalito da un folle desiderio. Si ricordò della notte in cui aveva portato una donna a casa sua, una che gli dava il suo corpo solo per pochi minuti pagati in anticipo, si ricordò del modo in cui si era gettato su di lei, come un mulo senza preliminari, nel suo caso, non c’era bisogno di cose simili, come un gallo la lasciò e lei lo abbandonò velocemente perché era in corsa contro il tempo, non voleva perdere altri clienti; egli invece rimase solo a cercare l’orgasmo perduto. Si mosse di sullo sgabello, si ricordò di una cassetta che aveva nella tasca, la prese e la diede velocemente al garzone della taverna che si era ormai abituato a soddisfare le richieste dei clienti che volevano ascoltare la musica. Molti di loro portavano cassette diverse, ognuno secondo il proprio gusto e i propri problemi, era cosa che aiutava il vino a dare il suo effetto e quindi a far svanire le loro preoccupazioni.
Non appena la musica ebbe inizio, le teste cominciarono a muoversi con euforia, le voci divennero quasi chiasso, lui invece chiuse gli occhi e vagò con la sua mente mentre ascoltava il ritmo delle corde musicali e del tamburello…si ricordò della gioventù, delle sue serate con gli amici e di quanto si divertiva nell’animare l’atmosfera chiassosa insieme agli amici a casa sua, motivo per il quale aveva meritato il nominativo di direttore delle attività d’intrattenimento; parlava con alcuni e sorrideva ad altri, accoglieva alcuni e salutava altri…per lui non era importante conoscerli tutti, ma era evidente che lui era l’astro intorno al quale giravano i discepoli, un maestro per donne e uomini. Rise forte mentre si ricordava dei suoi ospiti e di come erano disposti a salmodiare, simili a fuqaha’ radunati lì per recitare e cantare i versi di Ibn Ashur, dopo aver modificato alcune delle sue parole sostituendole con altre più intriganti e peccaminose, conservando però lo stesso ritmo ….Quindi le note si fondevano nell’aria, il piacere e l’estasi catturavano tutti, al punto da farli sembrare folli per una musica spirituale a cui tutti i presenti avevano partecipato per la creazione delle sue lussuriose parole. Iniziavano con la frase “disse lo sheikh Abd Al wahed Ibn Asher”, per ingannare i vicini di casa e farli credere che la festa celebrata a casa sua fosse una festa di carità religiosa, in cui venivano cantate poesie di lode. Di ciò non potevano dubitare di certo anche perché il ritmo era proprio quello delle originali lodi religiose di Ibn Asher conosciute da tutti, ciò contribuiva a camuffare le parole lussuriose inventate da loro…erano bei tempi, adesso invece gli amici erano ormai persi dal turbine della vita e dai problemi delle loro famiglie, lui solamente era riuscito a resistere e a rifiutare il peso della responsabilità di qualcun altro, per lui si trattava di un delitto commesso da suo padre nei suoi confronti ed egli non voleva ripeterlo nei confronti di qualcun altro. Si svegliò dei suoi ricordi come se qualcuno lo avesse strappato ad un bel sogno, fissò il bicchiere vuoto, cercando di ricordare quando l’aveva bevuto, ma invano, perciò chiese un altro bicchiere ed era così …
Il sesto bicchiere,
Gli arrivò vanitoso e sorridente, sembrava che parlasse, egli lo ricevette con un dolce sorriso, immergendo le sue dita in esso, come uno che stesse cercando di fare le abluzioni con quel liquido. Avvertì una certa felicità che faceva svanire la sua solita tristezza, un possessivo desiderio che lo invitava ad aprirsi nei confronti degli altri. Quindi dimenticò tutti i suoi rancori, si sentì invaso dalla « voce della tenerezza » come dicono gli amici delle bevute, ebbe voglia di abbracciare tutti, sussurrò tra sé e sé delle parole che nessuno poteva sentire, sollevò il suo bicchiere e bevve alla salute di tutti, brindando agli splendidi giorni passati; mise con forza il bicchiere sul bancone, provocando un forte rumore che attirò l’attenzione del cameriere, il quale ne portò subito un altro. Il liquido non era più amaro, ma era diventato dolce e non importava se dentro ci fosse dell’uva o della ruta selvatica.
Il settimo bicchiere
L’ottavo….
Il decimo…
Il ventesimo….il ventunesimo…..
Ormai contare il numero dei bicchiere non era più importante.
Il corpo diventò leggero, il buio non c’era più, e s’udì una voce: “oh tristezza smetti di piovere” e diminuirono le angosce, la solitudine, sentì un estasi che provocava tutto il suo corpo, gli sembrava di svenire…i volti che egli vedeva oscuri, si illuminarono, le labbra chiuse cominciarono ad aprirsi in larghi sorrisi…sorrisero tutti…anche lui e i sorrisi si trasformarono in grandi risate che ebbero la magia di togliere i fardelli degli anni…Una chiassosa risata si mescolò con il rumore della musica e delle voci traballanti del posto. Il suo corpo era sempre più in estasi…avvertiva un forte bisogno di parlare con gli altri e di abbracciarli uno per uno…li conosceva e lo conoscevano erano clienti fissi del locale.. anzi non c’era bisogno di parole, si mise subito ad abbracciarli, i corpi diventarono per lui una cosa sola che egli toccava con grande divertimento, senza distinguere tra corpi di donne o di uomini, erano tutti uguali per lui. Senza accorgersene, sentì i suoi piedi che si sollevavano da terra, e volavano sopra le teste ammassate dei presenti verso la porta d’uscita. L’estasi di abbracciare tutti si trasformò in una grande voglia di volare. Avvenne però che si ritrovò disteso fuori, sull’asfalto accanto al marciapiede, senza capire il perché il suo volo fosse terminato. Si voltò a destra e a sinistra, cercando di riprendere il volo un’altra volta, ma il suo corpo era pesante, faceva più sforzi per sollevarsi, e cominciò a camminare barcollando, mentre si allontanava dalla taverna, sprofondandosi nel buio della strada.
ãáÇÍÙÉ: ßá ÍÑÝ o ãÒæÏ È Accent grave ÝÅä ÇáÓíÑÝÑ Úáì ÇáãäÊÏì íÍæáå Åáì ßÓÑÊíä æíãßä ÇáÖÛØ Úáì åÐÇ ÇáÑÇÈØ áÝÊÍ ÇáãáÝ ÇáÐí íÍæí ÇáÊÑÌãÉ ßÇãáÉ æÎÇáíÉ ãä Ãí ÊÛííÑ:
ääÕÍ ÈÞáíá ãä ÇáÇäÊÙÇÑ ÞÈá Ãä ÊÊã ÚãáíÉ ÇáÊÍãíá ßÇãáÉ
http://www.arabswata.org/forums/uploaded/67_1165409350.doc
Bicchieri
Mohammed Ferri
Marocco
Entrò velocemente nella taverna come se stesse evitando un ignoto persecutore che appesantiva la sua schiena, si diresse come una macchina programmata verso il cameriere, si buttò sul bordo del bancone, appoggiò il suo braccio e chiese un bicchiere di vino rosso rubino. Era l’inizio di qualcosa di cui lui conosceva bene la fine.
Quello era…
Il primo bicchiere,
Versò il suo contenuto nel suo ventre, tutto in un solo sorso, questo tipo scarso di vino non bisogna gustarlo, la delizia sta nel suo effetto e non nel suo ottimo gusto. Ma a lui non importava molto del gusto, altrimenti sarebbe andato a sedersi ad un caffè dove avrebbe potuto godersi di un bicchiere di succo di frutta dolce. Avvertì che il suo stomaco colse il liquido senza grande festa. Non si curò del fatto, come non si curò dei clienti che bevevano lì intorno a lui. Il suo umore non era disponibile a conversare con nessuno. Aveva “abbagliato” per tutta la settimana a lavoro, ed era giunto il momento di godere di un po’ di silenzio, di poter ascoltare il tintinnare del bicchiere, cioè il tintinnare astratto e profondo e non quello concreto del vetro stesso. Toccò la sua tasca, contò che vi erano, si sentì più sicuro quando capì che la somma era sufficiente per allungare la serata, tossicchiò prima di chiamare il cameriere…
Ed era…
Il secondo bicchiere,
lo contemplò a lungo, lo fissò, poi lo prese tra la sua mano, sentì la sua morbidezza; gli sembrava di toccare un corpo vellutato e giovane, un leggero formicoliò cominciò a passare tra le sue profondità, attraverso le sue dita, quindi si mosse dentro di sé ciò che era addormentato, portò il bicchiere verso la bocca, ne trangugiò la metà e rimise il bicchiere al suo posto, fissando il contenuto rosso. Si ricordò della sua angoscia, un sentimento radicato dentro di sé senza capirne il motivo. La gente è sempre in lotta e ognuno vuole fare lo sgambetto all’altro. Invidia accumulata, tutti che cercano solo il proprio interesse, l’io è contro l’io dell’altro, un combattimento umano dove si perde colui che non ha un remo; lui il remo non l’aveva e non voleva averne. Oggi vino, domani vino, bisogna godere solo l’ora in cui vive, un altro bicchiere oh taverniere! …e arrivò …
Il terzo bicchiere,
le sue dita si muovevano verso di esso, si girò verso il garzone dell’osteria come se si fosse ricordato di qualcosa:
- Un po’ di antipasti per favore.
Arrivò il piattino di ceci bolliti, lo mangiò con avidità, si susseguirono i bocconcini, che non venivano separati se non dei gustosi sorsetti di vino. Pose il bicchiere e indugiò con gli occhi su coloro che erano seduti intorno a lui, i suoi occhi curiosarono tra gli esseri affollati nella taverna, e infine s’incollarono su una gigante “groppa” di una donna mercenaria in cerca di denaro in quel posto, il suo rotondo sedere infiammò tutta la sua privazione e il suo desiderio, si ricordò dell’ultima volta in cui il suo corpo si era unito ad un corpo femminile, non riusciva a precisare il momento, data la lontananza del periodo che testimoniava l’ultima rissa del suo corpo con uno femminile, cominciò a pensare di mercanteggiare il corpo di quella cliente, ma si fermò perché si ricordò della somma che aveva in tasca, quindi rinunciò all’iniziativa a malincuore mentre sussurrava:
“figlie di pu…che schifo, ti sorridono in faccia e poi ti svuotano la tasca.”
La sua irritazione non aveva potuto spegnere il suo desiderio, quindi lo bloccò togliendo lo sguardo da quel rotondo sedere, chiamò un altro bicchiere che il taverniere portò subito e quindi era…
Il quarto bicchiere,
l’accolse con festa, come se fosse stata una donna facile e persa che non vedeva da molto tempo. Fece un sorriso, scoprendo così denti gialli non spazzolati da tempo, buttò nello stomaco ciò che era rimasto dei ceci, avvertì ancora fame, e quindi guardò il garzone con uno sguardo che lasciava intendere il bisogno di un altro piatto. Il garzone lo ignorò dirigendosi verso i clienti dai quali trovava più guadagno, cioè quelli che ordinavano whisky. Trattenne il suo furore, guardò i clienti con molta curiosità, li fissò uno per uno, spinto da una sfacciataggine che non sapeva da dove venisse. Vi erano dei volti che lui era abituato a vedere, c’era anche quel magro ed elegante giovane nel fondo del bancone che appoggiava la testa sulla mano, i suoi occhi erano nascosti sotto larghi occhiali scuri, nonostante il buio che c’era nel posto, davanti a lui c’erano bottiglie di Heineken che ingombravano il bancone, tanto che la loro quantità attirò sempre più l’attenzione del barman. Accanto al giovane c’era una cliente le cui rotondità rivelavano una femminilità provocante, s’incollò a lui con spudoratezza scostumata, la circondò con il suo braccio, mentre la sua mano toccava l’ondulato corpo di lei, arrivò alla vita e quando scivolò verso il sedere lo afferrò con forza. Inghiottì la saliva, si sentiva assalito da un desiderio sessuale, provocato da ciò che vedeva davanti ai suoi occhi, si sentiva sempre più soffocato e accollato dalla testa sino ai piedi, gridò al taverniere inconsciamente…
il quinto bicchiere,
arrivò il bicchiere, lo assalì come un toro arrabbiato, lo versa dentro lo stomaco in un modo rumoroso, si trattava di un ribollire che lui cercava di spegnere con quell’infernale liquido, ma il fuoco dentro di lui si accendeva sempre di più, gli occhi diventarono, si sentiva assalito da un folle desiderio. Si ricordò della notte in cui aveva portato una donna a casa sua, una che gli dava il suo corpo solo per pochi minuti pagati in anticipo, si ricordò del modo in cui si era gettato su di lei, come un mulo senza preliminari, nel suo caso, non c’era bisogno di cose simili, come un gallo la lasciò e lei lo abbandonò velocemente perché era in corsa contro il tempo, non voleva perdere altri clienti; egli invece rimase solo a cercare l’orgasmo perduto. Si mosse di sullo sgabello, si ricordò di una cassetta che aveva nella tasca, la prese e la diede velocemente al garzone della taverna che si era ormai abituato a soddisfare le richieste dei clienti che volevano ascoltare la musica. Molti di loro portavano cassette diverse, ognuno secondo il proprio gusto e i propri problemi, era cosa che aiutava il vino a dare il suo effetto e quindi a far svanire le loro preoccupazioni.
Non appena la musica ebbe inizio, le teste cominciarono a muoversi con euforia, le voci divennero quasi chiasso, lui invece chiuse gli occhi e vagò con la sua mente mentre ascoltava il ritmo delle corde musicali e del tamburello…si ricordò della gioventù, delle sue serate con gli amici e di quanto si divertiva nell’animare l’atmosfera chiassosa insieme agli amici a casa sua, motivo per il quale aveva meritato il nominativo di direttore delle attività d’intrattenimento; parlava con alcuni e sorrideva ad altri, accoglieva alcuni e salutava altri…per lui non era importante conoscerli tutti, ma era evidente che lui era l’astro intorno al quale giravano i discepoli, un maestro per donne e uomini. Rise forte mentre si ricordava dei suoi ospiti e di come erano disposti a salmodiare, simili a fuqaha’ radunati lì per recitare e cantare i versi di Ibn Ashur, dopo aver modificato alcune delle sue parole sostituendole con altre più intriganti e peccaminose, conservando però lo stesso ritmo ….Quindi le note si fondevano nell’aria, il piacere e l’estasi catturavano tutti, al punto da farli sembrare folli per una musica spirituale a cui tutti i presenti avevano partecipato per la creazione delle sue lussuriose parole. Iniziavano con la frase “disse lo sheikh Abd Al wahed Ibn Asher”, per ingannare i vicini di casa e farli credere che la festa celebrata a casa sua fosse una festa di carità religiosa, in cui venivano cantate poesie di lode. Di ciò non potevano dubitare di certo anche perché il ritmo era proprio quello delle originali lodi religiose di Ibn Asher conosciute da tutti, ciò contribuiva a camuffare le parole lussuriose inventate da loro…erano bei tempi, adesso invece gli amici erano ormai persi dal turbine della vita e dai problemi delle loro famiglie, lui solamente era riuscito a resistere e a rifiutare il peso della responsabilità di qualcun altro, per lui si trattava di un delitto commesso da suo padre nei suoi confronti ed egli non voleva ripeterlo nei confronti di qualcun altro. Si svegliò dei suoi ricordi come se qualcuno lo avesse strappato ad un bel sogno, fissò il bicchiere vuoto, cercando di ricordare quando l’aveva bevuto, ma invano, perciò chiese un altro bicchiere ed era così …
Il sesto bicchiere,
Gli arrivò vanitoso e sorridente, sembrava che parlasse, egli lo ricevette con un dolce sorriso, immergendo le sue dita in esso, come uno che stesse cercando di fare le abluzioni con quel liquido. Avvertì una certa felicità che faceva svanire la sua solita tristezza, un possessivo desiderio che lo invitava ad aprirsi nei confronti degli altri. Quindi dimenticò tutti i suoi rancori, si sentì invaso dalla « voce della tenerezza » come dicono gli amici delle bevute, ebbe voglia di abbracciare tutti, sussurrò tra sé e sé delle parole che nessuno poteva sentire, sollevò il suo bicchiere e bevve alla salute di tutti, brindando agli splendidi giorni passati; mise con forza il bicchiere sul bancone, provocando un forte rumore che attirò l’attenzione del cameriere, il quale ne portò subito un altro. Il liquido non era più amaro, ma era diventato dolce e non importava se dentro ci fosse dell’uva o della ruta selvatica.
Il settimo bicchiere
L’ottavo….
Il decimo…
Il ventesimo….il ventunesimo…..
Ormai contare il numero dei bicchiere non era più importante.
Il corpo diventò leggero, il buio non c’era più, e s’udì una voce: “oh tristezza smetti di piovere” e diminuirono le angosce, la solitudine, sentì un estasi che provocava tutto il suo corpo, gli sembrava di svenire…i volti che egli vedeva oscuri, si illuminarono, le labbra chiuse cominciarono ad aprirsi in larghi sorrisi…sorrisero tutti…anche lui e i sorrisi si trasformarono in grandi risate che ebbero la magia di togliere i fardelli degli anni…Una chiassosa risata si mescolò con il rumore della musica e delle voci traballanti del posto. Il suo corpo era sempre più in estasi…avvertiva un forte bisogno di parlare con gli altri e di abbracciarli uno per uno…li conosceva e lo conoscevano erano clienti fissi del locale.. anzi non c’era bisogno di parole, si mise subito ad abbracciarli, i corpi diventarono per lui una cosa sola che egli toccava con grande divertimento, senza distinguere tra corpi di donne o di uomini, erano tutti uguali per lui. Senza accorgersene, sentì i suoi piedi che si sollevavano da terra, e volavano sopra le teste ammassate dei presenti verso la porta d’uscita. L’estasi di abbracciare tutti si trasformò in una grande voglia di volare. Avvenne però che si ritrovò disteso fuori, sull’asfalto accanto al marciapiede, senza capire il perché il suo volo fosse terminato. Si voltò a destra e a sinistra, cercando di riprendere il volo un’altra volta, ma il suo corpo era pesante, faceva più sforzi per sollevarsi, e cominciò a camminare barcollando, mentre si allontanava dalla taverna, sprofondandosi nel buio della strada.
ãáÇÍÙÉ: ßá ÍÑÝ o ãÒæÏ È Accent grave ÝÅä ÇáÓíÑÝÑ Úáì ÇáãäÊÏì íÍæáå Åáì ßÓÑÊíä æíãßä ÇáÖÛØ Úáì åÐÇ ÇáÑÇÈØ áÝÊÍ ÇáãáÝ ÇáÐí íÍæí ÇáÊÑÌãÉ ßÇãáÉ æÎÇáíÉ ãä Ãí ÊÛííÑ:
ääÕÍ ÈÞáíá ãä ÇáÇäÊÙÇÑ ÞÈá Ãä ÊÊã ÚãáíÉ ÇáÊÍãíá ßÇãáÉ
http://www.arabswata.org/forums/uploaded/67_1165409350.doc